L’acqua è ancora fredda, ma ci si avvia verso la stagione estiva. Le acque verde smeraldo del porto di Tricase sembrano invitarti insistentemente a fare un tuffo per rigenerare lo spirito e rinfrescare il corpo provato dalla stagione calda che è sempre più in anticipo rispetto al passato e questo preoccupa.
Allora, avviandosi lentamente verso zona Punta Cannone, attraverso le calme acque cristalline si intravedono, nella parte sabbiosa del porto “cascili e treie” (Mormore e Triglie) che con determinazione brucano il fondale in cerca di vermi, molluschi e crostacei. La loro presenza è confermata da nuvolette di sabbia che si formano durante la spasmodica ricerca di cibo.
Un branco di piccole ricciole invece più in là è in frenesia alimentare dopo aver accerchiato un folto gruppo di “manoscia” (argentini); alcuni esemplari per salvarsi dalla voracità dei pelagici, saltando fuori dall’acqua, atterrano sul molo, diventando prede di gabbiani Reali, sempre pronti a sfruttare queste opportunità.
Lasciato il molo nord del porto, e passato sotto la porta del muraglione del faro, un profumo, amplificato dalla bassa marea che scopre folti e carnosi cespugli di alghe “cystoseira”, si insinua nelle narici e non va più via. Socchiudendo gli occhi, come per gustare meglio il momento, un gran respiro per riempire i polmoni di questa felicità.
Così ci si ritrova ai margini del bagnasciuga con il costume scolorito della stagione precedente, la faccia più scura rispetto al resto del corpo che non ha ancora beneficiato dell’effetto abbronzante all’esposizione solare. Fredda… è fredda ma sopportabile, soprattutto in previsione dei benefici che ci si aspetta dopo quel tuffo fuori stagione. Passi prudenti, evitando di calpestare gli Arbacia lixula, impropriamente chiamati ricci di mare maschi, che intenti a brucare le alghe sul bagnasciuga, potrebbero compromettere con i loro famigerati aculei l’imminente stagione balneare. Il riccio di mare Paracentrotus lividus (riccio femmina) invece si trova più in profondità perché non ama la luce diretta del sole. Infatti per proteggersi dai raggi solari (chissà, forse anche per nascondersi dai golosi pescatori, perché commestibile) indossa un cappello: una conchiglia, pezzi di erba o alghe, detriti vari compresi rifiuti sparsi sul fondale (mi è capitato di vedere un riccio con in testa il tappo di una nota marca di birra);
Salta all’occhio la presenza di numerose Cozze Patelle (tipico mollusco commestibile dotato di una conchiglia conica dal contorno ovale) mimetizzate nel substrato roccioso continuamente sottoposto a periodi di secca e di immersione. Si nutrono di alghe ed hanno la capacità di trattenere, aderendo con forza alla roccia attraverso una ventosa, l’acqua sufficiente ad evitare la disidratazione durante i periodi di secca. Un attimo prima di azzardare il primo tuffo, un bagliore attira l’attenzione in prossimità del primo metro di acqua; un folto branco di Salpe, pesci erbivori, in cerca di alghe da brucare. Quel bagliore spesso tradisce la loro presenza e attiva l’attento pescatore, rannicchiato sugli scogli, al lancio “du Rusacchiu” (Rezzaglio), antico sistema di pesca che consiste nel lancio di una rete circolare piombata su l'ignaro branco di pesci.
Ecco le prime bracciate, veloci per riscaldare il corpo. Nella prima immersione tra gli anfratti rocciosi sommersi spiccano 2 pixel blu cobalto iridescente che con fare vanitoso si avvicinano al vetro della maschera. Non è frequente nel mediterraneo imbattersi in pesci dalle colorazioni così sgargianti. Difatti gli esemplari giovanissimi di Castagnola (Municeddha nel nostro dialetto) hanno le caratteristiche cromatiche di un pesce tropicale, che svaniscono nella crescita, diventando di colore nero/marrone scuro. Le limitate capacità fisiche e polmonari mi portano adesso a giocare con l’immaginazione e siccome la fantasia me lo permette, una seconda immersione senza maschera e boccaio prolungata quanto basta per ammirare sporadici Sciaranni e Donzelle che danzano ignare della presenza del camaleontico scorfano, appostato con tenacia e pronto ad aspirare le prede con uno scatto mandibolare. Nella prateria di posidonia intanto un cavalluccio marino oscilla a ritmo della corrente con la coda attorcigliata ad una foglia della pianta, sfiorando l’immobilità maestosa della Pinna Nobilis che lentamente respira pompando l’acqua nel mantello.
Che meravigliosa esperienza sarebbe poi un incontro con la sfuggente e baffuta Foca Monaca (Phoca monacus) nel suo habitat preferito, all’interno di una delle numerose grotte semisommerse che gli garantiscono la ricercata privacy nei periodi di riproduzione. Alcune volte sono incuriosite ed affamate; azzardano giravolte intorno alle reti dei pescatori, speranzose di scovare prede facili. Negli ultimi anni si sono succeduti diversi avvistamenti in Salento, un paio a Marina Serra,a largo della grotta Matrona e questo lascia ben sperare che questa specie protetta possa superare il pericolo di estinzione.
In superficie intanto un gruppo di delfini Tursiopi saltano, alternandosi, per attirare l’attenzione di chi? Stanco dopo tante immersioni, credevo di non essere notato, ma i loro potenti sonar mi hanno captato e nel marasma generale, si approcciano incuriositi a questo nuotatore apneista che si è allontanato un po troppo dalla costa. Tra le loro giravolte, piroette e girotondi e le mie lacrime di gioia, decido di ritornare con i piedi per terra, accompagnato dal canto dolcissimo di questi meravigliosi cetacei.
Il Salento è anche influenzato dai cambiamenti climatici, che possono alterare le condizioni ambientali e la distribuzione delle specie. È recente l’ingresso nell’habitat mediterraneo di specie aliene introdotte attraverso il canale di Suez o attraverso le acque di zavorra delle navi e che si sono adattate anche grazie all’aumento della temperatura dell’acqua (tropicalizzazione) come il pesce palla maculato, il pesce scorpione, il pesce coniglio, il pesce flauto, il monacanto reticolato, la triglia di Forskkal, il penpheris rhomboidea. Comunque, uno studio dell’università di Bologna ha dimostrato che nonostante le alterazioni climatiche e ambientali, la biodiversità marina della fascia costiera adriatica ha la capacità di ricomporsi nel momento in cui le condizioni ritornino ad essere quelle iniziali (Resilienza).